Il nostro aiuto è una goccia di speranza, abbiamo scelto l’Etiopia per ragioni quasi casuali. Possiamo dire che è l’Africa, ed in particolare la regione del Tigray, in Etiopia, ad aver scelto noi.
Nel 2015 il fondatore di Fonte di Vita Odv si trovava ad Agordo (BL) per la presentazione del suo libro fotografico Goeie-Afrika (la buona Africa), ambientato in Namibia; in quell’occasione confidò all’organizzatore il suo sogno di investire in Africa, magari in Etiopia, un Paese aperto agli investitori Europei e senza pericolo di violenza legata ai fondamentalismi islamici. L’organizzatore disse che l’idea era buona, purché i proventi dell’attività rimanessero sul posto, per aiutare la popolazione che, in certe zone, ha problemi legati alla siccità: elevata mortalità infantile, bassa aspettativa di vita, scarsa istruzione dovuta al fatto che i bambini anziché andare a scuola al mattino camminano per 4-5 ore per rifornirsi d’acqua (sporca); disse di conoscere bene questi problemi e di aver già fatto in passato qualcosa per fronteggiarli, facendo costruire un pozzo d’acqua potabile. Quell’incontro e quelle parole furono la scintilla che diede origine a Fonte di Vita Odv [vedi Chi Siamo]
La nostra Associazione opera prevalentemente per la costruzione di pozzi d’acqua potabile, ma come potete vedere dai resoconti presenti in questo sito, la costruzione dei pozzi in villaggi sperduti non è l’unica ragione del nostro impegno. Recentemente ci siamo impegnati per la realizzazione di un acquedotto cittadino, da anni aiutiamo a fornire un pasto al giorno a molti bisognosi. Crediamo nella necessità di istruzione per le popolazioni locali ed attualmente (luglio 2023) abbiamo due progetti attivi per tale scopo:
peace-and-productive-ethiopia
scuola-del-villaggio-di-arghin
L’Etiopia, nella sua forma più moderna, ebbe inizio con il regno di Menelik II, imperatore dal 1889 fino alla sua morte nel 1913. Dalla sua base nella provincia centrale della Scioà, Menelik decise di annettere all’Etiopia i territori del sud-est e sud-ovest, abitati dagli Oromo, dai Sidamo, dai Guraghé, dai Wolaytae e da altri gruppi. Durante il suo regno, Menelik II realizzò molte innovazioni: costruì strade, distribuì l’elettricità, diffuse l’istruzione, sviluppò un
sistema di tassazione centrale e fondò la città di Addis Abeba, che nel 1881 divenne la capitale della provincia di Scioà e nel 1889, dopo la salita al potere dell’Imperatore, la nuova capitale dell’Etiopia. Dal 1888 al 1892 l’Etiopia subì una grande carestia. Alla fine del XIX secolo, in seguito all’apertura del canale di Suez, prese nuovo slancio la colonizzazione del continente Africano da parte dei Paesi europei, che si interessarono anche all’impero Etiope. Nel 1870 il
porto Eritreo di Assab, presso l’entrata meridionale del Mar Rosso, fu acquistato da una compagnia italiana, come cessione di un sultano locale, ponendo le basi per la fondazione di una colonia italiana in Eritrea. Al termine degli scontri della guerra d’Eritrea, nel maggio 1889 il Regno d’Italia e l’Impero d’Etiopia stipularono il trattato di Uccialli, dove venne preso un accordo in funzione del quale l’Etiopia avrebbe dovuto cedere l’Eritrea all’Italia per 99 anni, in cambio di armi, oltre a regolare i rapporti reciproci tra i due Paesi. Tuttavia, la differente interpretazione delle clausole del trattato, causata dalla mancata corrispondenza tra le due versioni in Italiano e in Amarico, comportò l’insorgere di contrasti tra i due governi, che
scaturirono nel 1895 nella guerra di Abissinia. Il conflitto si concluse l’anno seguente con la pesante sconfitta italiana nella battaglia di Adua. Il Regno d’Italia e l’Impero d’Etiopia firmarono il 26 ottobre del 1896 il trattato di Addis Abeba, che abrogò il precedente trattato di Uccialli e sancì le nuove relazioni fra i due Paesi: l’Italia riconobbe la piena sovranità Etiopica, il confine lungo la linea Mareb-Belesa-Muna rimase inalterato, i prigionieri italiani
furono restituiti in cambio del pagamento delle spese per il loro sostentamento e furono avviate nuove trattative commerciali.
In seguito alla morte di Menelik II, divenne reggente d’Etiopia il nipote Lasù V, che però non fu mai incoronato e, a causa delle sue simpatie musulmane, fu detronizzato tre anni dopo, in seguito al suo tentativo di spostare la capitale nella regione di Harar, a maggioranza islamica. Fu quindi nominata imperatrice la zia Zauditù, figlia di Menelik II, che fu fin da subito affiancata nel governo dal cugino ras Tafarì Maconnèn, in qualità di enderassié (ossia reggente
e vicario imperiale). Tafarì intraprese una campagna di modernizzazione del Paese già nei primi anni di reggenza e nel 1923 ottenne l’ingresso del Paese nella Società delle Nazioni.Tafarì il 2 novembre 1930, in seguito alla morte di Zauditù, fu nominato imperatore d’Etiopia col nome di Hailé Selassié (“Forza della Trinità”).
In seguito all’incidente di Ual Ual del dicembre 1934, il Regno d’Italia il 3 ottobre 1935 attaccò, dall’Eritrea e dalla Somalia italiana, l’Impero d’Etiopia. Hailé Selassié si appellò alla Società delle Nazioni, che deliberò delle sanzioni economiche contro l’Italia; l’Imperatore fu quindi nominato Persona dell’anno dal Time, acquistando notorietà in tutto il mondo. Il comando dell’esercito italiano fu affidato al generale Pietro Badoglio, che riuscì a sconfiggere la resistenza degli Etiopi utilizzando in alcuni casi anche armi chimiche; il 2 maggio Hailé Selassié partì in esilio volontario per la Gran Bretagna e tre giorni dopo Badoglio entrò nella capitale Addis Abeba; l’8 maggio il generale Rodolfo Graziani espugnò la regione di Harar e il giorno seguente Mussolini annunciò la nascita dell’Impero, di cui si proclamò Fondatore, mentre il re Vittorio Emanuele III assunse il titolo di Imperatore d’Etiopia. L’Etiopia divenne quindi parte dell’Africa Orientale Italiana insieme a Eritrea e Somalia italiana. Ciò nonostante, numerosi ras, tra i quali Immirù Hailé Selassié, non si sottomisero e
continuarono a combattere attraverso una efficace guerriglia, nonostante le dure azioni repressive di risposta delle forze Italiane. L’episodio più significativo si verificò in seguito al fallito attentato al governatore Graziani del 19 febbraio del 1937, in cui morirono sette persone e ne furono ferite oltre cinquanta: la repressione dei tre giorni seguenti, nota come strage di Addis Abeba, provocò la morte di migliaia di abitanti civili della capitale e, a Debre Libanos, di centinaia di monaci del monastero. Di conseguenza si accesero qua e là nel paese altri focolai di rivolta contenuti a fatica; solo con la sostituzione di Graziani con il principe Amedeo duca d’Aosta affiancato dal nuovo vicegovernatore Guglielmo Nasi, venne impostato un approccio più morbido e realistico nei confronti dei patrioti ribelli, che consentì agli italiani di stringere una serie di accordi con alcuni notabili locali, senza tuttavia riuscire a stroncare la resistenza che proseguì in varie zone della nazione; una discreta tregua fu raggiunta solo intorno alla metà del 1939, quando le principali vie di comunicazione e la maggioranza delle località dell’Etiopia passarono sotto il completo controllo Italiano. Nel frattempo il governo Italiano pianificò una serie di lavori pubblici in tutto il Paese, tra cui il piano regolatore di Addis Abeba del 1938, ma molte opere non furono completate o neppure avviate a causa dell’entrata dell’Italia nella seconda guerra mondiale il 10 giugno del 1940; 13 giorni dopo Hailé Selassié partì per Khartum, per dimostrare il suo sostegno ai patrioti Etiopi. Sempre negli anni precedenti la guerra, furono varati piani per la colonizzazione agricola del territorio, si trattava di costituire piccole proprietà agrarie nella zona dell’Asmara, affidandole a coltivatori di origine Romagnola. L’Ente fu definitivamente chiuso nel 1959.
Nel corso della campagna dell’Africa Orientale Italiana, le forze britanniche insieme ai combattenti etiopi Arbegnuoc riuscirono a riconquistare il Paese e Hailé Selassié rientrò ad Addis Abeba il 5 maggio del 1941. La nazione fu quindi liberata dalle forze militari Britanniche e Hailé Selassié tornò alla guida dell’Impero, seppur inizialmente limitato nei poteri in base al trattato Anglo-Etiope del 1942, mentre l’esercito italiano proseguì fino a novembre 1941 in
una sorta di guerriglia; il riconoscimento della piena sovranità dell’Etiopia avvenne infine con la firma del trattato Anglo-Etiope del dicembre 1944, anche se l’Ogaden e altre aree rimasero ancora per anni sotto il controllo Britannico. Il 26 agosto 1942 Hailé Selassié emise un proclama per l’abolizione della schiavitù seguendo le disposizioni amministrative italiane, tra cui quella di De Bono nel Tigré del 1935.
L’Eritrea divenne una Regione autonoma federata dell’Etiopia in base alla risoluzione 390 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite del 2 dicembre 1950, ma nel 1962 fu annessa per decisione unilaterale di Hailé Selassié; ciò scatenò l’avvio della trentennale guerra per l’indipendenza condotta dal Fronte di Liberazione Eritreo e, dal 1973, dal Fronte di Liberazione del Popolo Eritreo.
L’Imperatore proseguì negli anni l’opera di modernizzazione del Paese e soprattutto della capitale Addis Abeba; incaricò vari architetti occidentali della progettazione di nuovi edifici governativi e, in continuità col piano regolatore italiano, dell’estensione della rete viaria cittadina. Nel 1963 Hailé Selassié svolse un ruolo di primo piano nella fondazione dell’Organizzazione dell’unità Africana, con sede ad Addis Abeba. Ciò nonostante, il potere rimase sempre fortemente accentrato nelle sue mani e il Paese non riuscì a uscire dall’organizzazione di stampo feudale; per questo un primo tentativo di colpo di Stato si verificò nel 1960, ma dopo tre giorni la ribellione ebbe termine.
Nel 1973 la crisi energetica mondiale e la forte carestia che colpì l’Etiopia causando circa 100.000 morti, unite al malcontento della classe media e all’incertezza sulla successione al trono, esasperarono la popolazione, che nel mese di febbraio dell’anno seguente iniziò i primi scioperi e manifestò contro il governo. Il Primo ministro Aklilu Habte-Wold fu allontanato e sostituito con Endelkachew Makonnen. Non essendoci nessuna miglioria nel Paese, dopo sei mesi anche Endalkachew Makonnen fu sostituito da Lij Michael Imiru. Nel frattempo vari funzionari corrotti furono arrestati e fu promessa una nuova Costituzione.
Nonostante i tentativi di sedare le rivolte da parte dell’Imperatore, il 12 settembre 1974 scoppiò una rivolta civile, condotta dal Derg, giunta militare di stampo marxista-leninista, che depose Hailé Selassié senza alcuno spargimento di sangue. Al suo posto venne nominato come presidente il generale Aman Andom. Il generale Aman era riuscito a risolvere tanti problemi dell’Etiopia, ma il 23 Novembre 1974 fu ucciso dal Derg per motivi di potere e per coprire la morte del Generale Aman Andom; per paura di una possibile guerra civile furono uccisi in quella stessa notte 59 dignitari: nobili, generali e ex ministri. Il generale Teferi Banti fu incaricato come presidente della nazione. Da quello stesso giorno, iniziarono spargimenti di
sangue nei confronti di tutti quelli che si opponevano al regime. Il 12 marzo del 1975 il Consiglio d’amministrazione militare provvisorio proclamò la fine del regime imperiale, trasformando l’Etiopia in uno Stato comunista. Hailé Selassié, imprigionato nel palazzo di Menelik II, morì il 27 agosto di quell’anno, probabilmente soffocato con un cuscino. Il colpo di Stato provocò insurrezioni e moti popolari in 8 delle 14 province dell’Etiopia, mentre un’incipiente siccità causò enormi problemi ai rifugiati.
Nella lotta interna tra le diverse fazioni del Derg, prevalse nel 1977 quella più radicale guidata dal maggiore Menghistu Hailé Mariàm, che, sostenuto dall’Unione Sovietica, divenne il leader incontrastato eliminando tutti gli oppositori e instaurando il cosiddetto Terrore Rosso, durante il quale persero la vita almeno 500.000 persone, in maggioranza giovani studenti che si opponevano al regime.
Nel frattempo nel 1977 la Somalia invase la regione dell’Ogaden, abitata da Somali ma appartenente all’Etiopia, che contrattaccò con l’aiuto militare di una coalizione comprendente URSS, Cuba, Yemen del Sud, Repubblica Democratica Tedesca e Corea del Nord, tra cui l’invio di 15 000 truppe da combattimento cubane; gli scontri proseguirono fino alla firma del trattato di pace nel 1988.
Tra il 1983 e il 1985 l’Etiopia fu colpita da una gravissima carestia che causò la morte di almeno 400 000 persone in parte anche a causa delle deportazioni forzate o dell’uso della fame come arma. Nel Paese, soprattutto nel Tigré e in Eritrea, si diffusero le insurrezioni contro la dittatura comunista; nel 1989 venne formata una coalizione conosciuta come Fronte Democratico Rivoluzionario del Popolo Etiope (EPRDF), nata dalla fusione del Fronte Popolare di Liberazione del Tigrè (TPLF) con altri movimenti di opposizione.
Intanto, nel 1987 la dittatura del Derg confluì nella Repubblica Democratica Popolare d’Etiopia, di cui divenne presidente Menghistu Hailé Mariàm. Il Paese subì una forte riduzione degli aiuti da parte dell’URSS durante il segretariato di Mikhail Gorbachev, propugnatore della politica della Perestrojka, che aumentò le difficoltà economiche del regime del Negus Rosso e la rottura del fronte di guerra da parte della guerriglia anti dittatura militare comunista presente nel nord del paese. Con la definitiva fine del comunismo in Europa orientale in seguito alle rivoluzioni del 1989, nel 1990 si interruppero completamente gli aiuti Sovietici all’Etiopia. La strategia militare e politica di Menghistu subì un colpo fatale. Nel maggio 1991, infatti, le forze dell’EPRDF avanzarono su Addis Abeba, ma l’Unione Sovietica non intervenne per salvare il regime alleato. Menghistu Hailé Mariàm fuggì con la famiglia dal Paese rifugiandosi in Zimbabwe; tre anni dopo l’alta corte federale dell’Etiopia avviò il processo a carico suo e di altri dirigenti del Derg, che si concluse dodici anni dopo con le condanne in contumacia per genocidio e crimini di guerra: Menghistu e numerosi ex funzionari ricevettero la condanna a morte, altri l’ergastolo e altri ancora trascorsero almeno 20 anni in carcere, prima di essere graziati.
In seguito alla cacciata di Menghistu Hailé Mariàm, fu istituito un governo di transizione composto da un Consiglio di 87 membri e guidato da una carta nazionale quale costituzione provvisoria e di transizione. Si concluse inoltre la guerra con l’Eritrea, che nel 1993 si costituì dopo un referendum come Stato indipendente con l’approvazione del Fronte di Liberazione del Tigré guidato da Meles Zenawi.
Nel 1994 fu promulgata la nuova costituzione, con la formazione di un parlamento bicamerale e di un nuovo sistema giudiziario. La prima elezione formalmente pluripartitica si svolse nel maggio 1995 e comportò l’elezione di Meles Zenawi come primo ministro e Negasso Gidada come presidente.
Nel maggio del 1998 una disputa di confine con l’Eritrea causò lo scoppio di una nuova guerra tra i due Paesi, che si protrasse fino alla stipula dell’accordo di Algeri nel 2000; l’elevato costo del conflitto, stimato per entrambe le parti intorno al milione di dollari al giorno, causò effetti devastanti sull’economia dell’Etiopia.
Nel 2004 il governo diede avvio al piano di ricollocamento di circa due milioni di persone dagli altopiani aridi dell’est verso le regioni dell’ovest, allo scopo di diminuire la scarsità di cibo.
Il 15 maggio 2005 si svolsero le prime vere elezioni multipartitiche, ma furono segnalate gravi irregolarità dall’organismo di controllo indipendente Carter Center e dagli altri osservatori internazionali e i partiti di opposizione denunciarono brogli. I risultati furono resi noti solo il mese seguente, ma fin da subito il Fronte Democratico Rivoluzionario del Popolo Etiope del premier Meles Zenawi si autoproclamò vincitore; i principali partiti di opposizione, costituiti dalla Coalizione per l’unità e la democrazia (Cud) e dalle Forze unite democratiche etiopiche (Uedf), non ebbero più accesso alla radio e alla televisione; manifestazioni di protesta e scioperi si diffusero nelle settimane seguenti nella capitale, represse violentemente dalle forze di sicurezza, che provocarono almeno 42 morti, centinaia di feriti e numerosi arresti anche tra deputati dell’opposizione e giornalisti, tra i quali il leader del Cud Hailu Shawel, definiti prigionieri di coscienza da Amnesty International. Intanto il governo di Meles Zenawi, porto avanti, nonostante le varie differenze, delle riforme economici, di comunicazione e sociali.
Nelle successive elezioni legislative del 2010, il partito di Meles Zenawi vinse ancora accaparrandosi oltre il 90 % dei voti; profonde irregolarità, brogli e intimidazioni furono però denunciati dalle forze di opposizione e dagli osservatori internazionali.
Il forte legame con gli Stati Uniti, fornitore di armi e alimenti, ha portato, nel 2007, l’esercito Etiope a intervenire in Somalia contro le Corti islamiche, a sostegno del governo federale di transizione Somalo rifugiato a Baidoa. Nonostante i successi iniziali e l’appoggio aereo statunitense, le Corti islamiche hanno ripreso l’offensiva e gli scontri continuano tuttora.
Nel corso del 2011, l’Etiopia e i Paesi limitrofi subirono le conseguenze della peggiore siccità avvenuta in Africa orientale da circa 60 anni; per attenuare gli effetti della grave carestia, fu istituito un piano, comprendente strategie di lungo periodo, da parte del governo nazionale in collaborazione con la FAO e altre organizzazioni internazionali. Il primo ministro Meles Zenawi morì improvvisamente il 20 agosto 2012 a Bruxelles e il suo vice Hailé Mariàm Desalegn ne assunse il ruolo per i tre anni successivi.
Le elezioni parlamentari del 2015 confermarono ancora il partito del premier Hailé Mariàm Desalegn, che ottenne il 100 % dei seggi; intimidazioni furono denunciate dagli osservatori internazionali, mentre molti dei rappresentanti dei partiti di opposizione furono arrestati, quando ancora vari prigionieri di coscienza si trovavano in carcere dalle elezioni di 10 anni prima; le manifestazioni di protesta furono duramente represse dalle forze di sicurezza, che provocarono almeno 140 morti, parecchie centinaia di feriti e numerosissimi arresti anche tra i giornalisti. Ribellioni contro il governo, espressione della minoranza tigrina, si diffusero l’anno seguente inizialmente nell’Oromia, per allargarsi all’adiacente Amara, da parte dei due principali gruppi etnici del Paese, Oromo e Amara; secondo l’Human Rights Watch nelle proteste morirono almeno 500 persone, mentre ne furono arrestate circa 1600; le cifre furono contestate dal governo, che il 9 ottobre dichiarò lo stato di emergenza per almeno 6 mesi. Tra il 2016 e il 2017, probabilmente come conseguenza del Niño, una nuova carestia colpì pesantemente l’Etiopia e i Paesi adiacenti, peggiorata dalla guerra in Somalia e dai mancati aiuti governativi. Il 15 febbraio del 2018 il primo ministro Hailé Mariàm Desalegn ha rassegnato inaspettatamente le dimissioni e il giorno seguente il governo ha dichiarato lo stato di emergenza nazionale; un mese dopo Abiy Ahmed Ali, presidente dell’Organizzazione Democratica del Popolo Oromo (ODPO), uno dei quattro partiti della coalizione di governo, è stato votato leader dell’EPRDF, assumendo il ruolo di primo ministro designato; il 2 aprile viene eletto primo ministro d’Etiopia dal parlamento, diventando il primo premier Oromo del Paese.
Il 25 ottobre del 2018 è stata nominata presidente della Repubblica la diplomatica Sahle-Uork Zeudé, primo presidente donna nella storia Etiope. Il nuovo capo del governo fece una storica visita in Eritrea nel 2018, terminando così il conflitto tra i due Paesi. Per i suoi sforzi nel porre fine alla guerra ventennale tra Etiopia ed Eritrea, ad Abiy Ahmed Ali è stato conferito il premio Nobel per la pace nel 2019. Dopo esser stato nominato capo del governo nell’aprile 2018, Abiy ha fatto liberare migliaia di prigionieri politici, ha promesso libere elezioni per il 2019 – che sono state successivamente sospese a causa della pandemia da COVID-19 – e ha annunciato ampie riforme economiche. Il partito al governo nella regione dei Tigrè, il Fronte Popolare di Liberazione del Tigrè (TPLF), si è opposto al rinvio delle elezioni e ha proceduto a organizzare ugualmente una consultazione elettorale nella regione del Tigrè il 9 settembre 2020, cui si stima abbiano partecipato quasi tre milioni di elettori. In seguito a ciò, le relazioni tra il Governo federale e quello del Tigrè si sono guastate e il 4 novembre 2020 Abiy ha ordinato un’offensiva militare in risposta agli attacchi Tigrini nei confronti di reparti dell’esercito di stanza in quell’area, causando migliaia di profughi in fuga verso il vicino Sudan. Dopo due anni di guerra civile e 600.000 morti, in data 2 novembre 2022 le parti in causa hanno firmato la cessazione delle ostilità
La popolazione etiope è formata da più di 80 diversi gruppi etnici.
Secondo il censimento nazionale del 2007:
Gli Oromo sono il maggiore gruppo etnico etiope, rappresentando il 34,4% della popolazione nazionale. Sono presenti nella zona centro-meridionale,
prevalentemente dediti alla pastorizia e all’agricoltura.
Gli Amara rappresentano il 27,0% degli abitanti e vivono sull’altopiano a nord di Addis Abeba.
I Tigrini rappresentano il 6,22% della popolazione e si trovano nel nord del paese.
Altri gruppi etnici importanti sono:
i Sidama, pari al 4,00% della popolazione, e risidenti principalmente nelle regioni sudoccidentali, i Guraghé, (2,52%) nel sud-ovest, i Welayta (2,27%),
i Danachili (Dancali o Afar, 1,73%), di stanza nelle pianure semidesertiche nella zona nordorientale del paese, gli Hadiya (1,72%), i Gamo (1,49%), gli Shankella (6%), altri al 12,6%, tra cui i Somali stanziati a oriente nella regione dell’Ogaden, i Nilotici (i Nuer e altri).
Le comunità afro-asiatiche costituiscono la maggioranza della popolazione. Queste comunità preferiscono essere chiamate popolo Habesha o Abescia.
Inoltre, nella zona Nilo-sahariana si parla il nilotico e i più grandi gruppi etnici includono i Nuer e gli Anuak.
Tra i gruppi non autoctoni stranieri si segnalano: Yemeniti, Indiani, Armeni, Greci, Italiani e, singolarmente, una piccola comunità di Rastafariani provenienti dalla Giamaica.
Nel 2009, l’Etiopia ha ospitato una popolazione di rifugiati e richiedenti asilo di circa 135.200 persone. La maggior parte di queste è giunta da Somalia (circa
64.300 persone), Eritrea (41.700) e Sudan (25.900)
Le comunità afro-asiatiche costituiscono la maggioranza della popolazione. Queste comunità preferiscono essere chiamate popolo Habesha o Abescia.
Inoltre, nella zona Nilo-sahariana si parla il nilotico e i più grandi gruppi etnici includono i Nuer e gli Anuak.
Tra i gruppi non autoctoni stranieri si segnalano: Yemeniti, Indiani, Armeni, Greci, Italiani e, singolarmente, una piccola comunità di Rastafariani provenienti dalla Giamaica.
Nel 2009, l’Etiopia ha ospitato una popolazione di rifugiati e richiedenti asilo di circa 135.200 persone. La maggior parte di queste è giunta da Somalia (circa
64.300 persone), Eritrea (41.700) e Sudan (25.900)
Alcuni fiumi sfociano direttamente nell’Oceano Indiano. Le valli principali sono dirette prevalentemente verso Ovest e Nord Ovest nelle alte terre nordoccidentali, verso Sud Est in quelle meridionali, a Nord (alto Tacazzè) e a Sud (Nilo Azzurro). I maggiori corsi d’acqua sono però in genere navigabili solo per brevi tratti, date le forti variazioni di portata. I principali fiumi che solcano la sezione settentrionale dell’altopiano sono il Barka, che attraversa l’Eritrea e si perde nelle sabbie prima di arrivare al Mar Rosso e il Tacazzè, che scorre in un canyon e scende verso la depressione nilotica. Uno dei
maggiori tributari del Nilo è soprattutto il Nilo Azzurro, emissario del lago Tana, che piega verso Ovest e raggiunge, in territorio sudanese, il Nilo Bianco. Solcano invece gli altopiani meridionali l’Omo e il Giuba (insieme del Genale, del Dawa e del Weyb). Il maggiore lago dell’Etiopia è il lago Tana, situato nel cuore dell’Acrocoro. Di una certa rilevanza sono il lago Abaya, il lago Abbe e il lago Turkana.
• Parco nazionale di Abiata-Sciala, situato nei pressi dei laghi Abiata (o Abijatta) e Sciala (o Shalla);
• Parco nazionale dell’Auasc, limitato a sud dal fiume Auasc;
• Parco nazionale delle montagne di Bale, lungo la catena montuosa più alta dell’Etiopia sud-orientale;
• Parco nazionale di Gambela;
• Parco nazionale di Mago, a cavallo del fiume Mago, affluente dell’Omo;
• Parco nazionale di Nechisar, bagnato dai laghi di Abaja (o Margherita) e Ciamò (o Ruspoli);
• Parco nazionale dell’Omo, uno dei più estesi, è situato nella valle del fiume Omo e confina con il Parco Nazionale di Mago;
• Parco nazionale del Semien, che include la vetta più alta d’Etiopia, il Ras Dejen di 4620 m. Ospita numerose specie endemiche;
• Parco nazionale di Yangudi Rassa, nella regione di Afar.
A questi si devono aggiungere altri tipi di aree protette a livello nazionale, quali: santuari naturali, foreste, riserve, aree di caccia controllata, ecc
L’Ekub è un’associazione tradizionale di credito popolare, ampiamente diffusa, principalmente nelle aree urbane e in una certa misura anche nelle aree rurali. L’Ekub ha un forte valore sociale ed economico, poiché riunisce persone con interessi comuni, con lo scopo principale di prestare denaro senza entrare nel sistema bancario. C’è disaccordo sulle origini dell’Ekub, sebbene funzionalmente sia simile alle associazioni di credito a rotazione che si trovano in India, nel sud-est asiatico e altrove in Africa, il che supporta la teoria che sia stato portato in Etiopia dai mercanti Indiani alla fine del XIX secolo. Un’altra teoria citata più frequentemente, sostiene che l’Ekub sia stato sviluppato dall’etnia dei Gurage , trattasi di un’associazione di donne degli stessi villaggi, denominata “Latte Ekub”. Il latte che giornalmente ogni donna otteneva dai propri animali veniva aggiunto a quello di tutte le altre donne, per ottenere una quantità di latte maggiore, necessaria per la lavorazione, cioè per esempio per fare il burro. Ogni giorno ad ogni donna a turno con un sistema di estrazione a sorte, veniva assegnata l’intera quantità di latte ricavata.
L’Ekub comprende un numero specifico di persone (Ekubtegnoci) a seconda che i contributi siano mensili, bisettimanali o settimanali. In pratica due o più persone possono mettere in comune le proprie risorse per costituire una quota completa. Questo sistema consente la partecipazione di persone di diverse fasce di reddito (tutti possono partecipare). A causa dell’elasticità nella definizione di una quota, il profilo di reclutamento di un Ekub è piuttosto aperto e illimitato. Non solo possono partecipare persone di diverse fasce di reddito, ma la maggior parte di Ekub è aperta anche a donne, giovani e meno giovani, lavoratori di diverse occupazioni e persone di diversi gruppi etnici e religioni. Esistono Ekub molto limitati, ristretti a nuclei familiari o dipendenti della stessa azienda.
I pagamenti degli Ekub vengono effettuati a un presidente chiamato Dagna (lett. Giudice) e l’Ekub è amministrato da un segretario, entrambi eletti tra i membri dell’Ekub per la loro elevata integrità morale, che suscitano il rispetto e la fiducia di tutti i membri. Viene organizzata una lotteria e viene assegnata la somma costituente un fondo al fortunato vincitore. Il principio essenziale prevede l’accesso a rotazione a un fondo continuamente ricostituito. La persona che riceve il fondo diventa indebitata con tutti gli altri membri fino a quando ogni partecipante non ha ricevuto la sua quota.
Sono stati creati negli anni metodi altamente evoluti per evitare che un destinatario in anticipo fugga con il denaro e quindi non rimborsi gli altri partecipanti. Negli anni ’60 il protocollo di Ekub era sufficientemente formalizzato perché il tasso di insolvenza diventasse estremamente basso.
Parte del loro successo è stata la loro onnipresenza e la crescente consapevolezza che l’inadempienza in un Ekub limiterebbe gravemente
l’accesso a un altro. In secondo luogo, una volta che tutti i partecipanti hanno ricevuto la loro quota, l’Ekub viene sciolto in modo informale e viene avviata una nuova associazione di credito a rotazione. Ci sono persone che hanno operato in questo perpetuo stato di ricostituzione per oltre 50 anni.
Si sono anche sviluppati meccanismi di estensione del credito particolarmente complessi in modo che un beneficiario che non ha necessità
immediata della somma spettante, possa prestarlo ad altri, pattuendo la restituzione con gli interessi.
L’atteggiamento degli Etiopi nei confronti dei conti di risparmio è cambiato poco tra gli anni ’20 e ’70. Gli Etiopi preferivano i risparmi informali e le opportunità di credito degli Ekub rispetto ai sistemi formali delle banche. A poco a poco, con l’espansione del settore formale, Ekub non era più visto come un’alternativa, ma come un complemento alle istituzioni finanziarie formali. Dalla rivoluzione, gli Ekub si sono diffusi in tutti i settori della vita economica. Lo slogan marxista durante il regime di Derg, “l’uomo è diventato uomo grazie al lavoro”, è stato popolarmente convertito in “l’uomo è diventato uomo grazie agli Ekub”.
Al giorno d’oggi, gli Ekub sono onnipresenti in tutta la campagna rurale da confine a confine, spaziano dalla scala sociale dei poveri lustrascarpe alle più ricche compagnie di import-export; sono stati riconosciuti come validi meccanismi di generazione di capitale sia dal Governo che dalle ONG; e fanno così tanto parte del posto di lavoro salariato che hanno iniziato a istituzionalizzarsi come agenzie di credito e assicurazione dei lavoratori.
I testi di questa pagina sono una nostra elaborazione del materiale reperibile su:
L’Eder è un’associazione di volontariato costituita con finalità di mutuo soccorso per la collettività.
L’Eder assiste la comunità di mutuo soccorso in relazione a funerali e altre situazioni avverse della comunità. L’Eder si distingue dall’ Equb riguardo alla durata nel tempo, in quanto l’Eder è un’associazione a lungo termine, mentre l’Equb può essere temporaneo o permanente, a seconda delle esigenze dei membri.
L’Eder è la principale forma di assistenza indigena utilizzata principalmente per tutelare le persone in lutto. Queste associazioni svolgono anche attività di autoaiuto e talvolta forniscono assicurazioni in modo informale. L’associazione raccoglie anche fondi e coordina il lavoro gratuito dei membri in attività come la costruzione di strade, scuole, istituzioni sanitarie e altro. Un’altra funzione dell’Eder è l’assistenza quando il membro dell’associazione subisce la distruzione della proprietà (ad es. la casa) o la perdita del raccolto agricolo. L’Eder finanzia anche i pensionati impossibilitati a versare i contributi. L’Eder è stato sviluppato per la prima volta dai migranti ad Addis Abeba nella prima parte del XX secolo, ha attraversato il tempo dell’occupazione Italiana con crescente formalizzazione, diffusione e trasformazione in organizzazioni di volontariato mono- polietniche. L’ Eder non ha partecipato ad attività di sviluppo come l’istruzione e i servizi sanitari o lo sviluppo della comunità, temendo interferenze da parte dello Stato.
Con la crescente domanda di servizi provocata dalla crescita della popolazione e dalla risposta delle persone alle nuove patologie emergenti, le Nazioni dell’Africa Sub-Sahariana devono affrontare problemi insormontabili nel sostenere i propri sistemi sanitari. Rendendosi conto dell’inadeguatezza della scelta di affidarsi esclusivamente al settore pubblico, questi Paesi stanno cercando meccanismi alternativi per il finanziamento della sanità. Tra le alternative suggerite ci sono meccanismi di condivisione del rischio che includono schemi basati sulla comunità che sfruttano il potenziale degli assetti sociali indigeni.
L’Eder è una forma di istituzione sociale tradizionale stabilita dal mutuo accordo dei membri della comunità al fine di organizzare un rapporto di collaborazione tra loro ogni volta che un membro o la loro famiglia affrontano situazioni avverse.
La funzione primaria dell’Eder è la cura della sepoltura e delle attività consolatorie in caso di decesso dei membri. Tuttavia, gli Eder forniscono anche assistenza nel caso in cui i membri si trovino in condizioni di aver necessità di ottenere denaro nel caso di un matrimonio oppure in situazioni avverse come un furto, un incendio o la perdita del bestiame. Oltre a questo, gli Eder sono di fondamentale importanza in altre attività di sviluppo della comunità. L’Eder raccoglie fondi o coordina il lavoro gratuito dei membri in attività come l’edilizia, la costruzione di strade, scuole, istituzioni sanitarie e altro. Alcuni Eder forniscono anche assistenza ai soci per coprire le spese mediche. La configurazione organizzativa della maggior parte degli Eder è molto semplice.
Le organizzazioni hanno un presidente o un “giudice” e quasi tutte hanno anche un segretario e un tesoriere. Si dice che gli Eder siano le più sociali democratiche ed egualitarie organizzazioni in Etiopia.
L’adesione agli Eder è aperta a tutti indipendentemente dallo stato socio-economico, dalla religione, dal sesso e dall’appartenenza etnica. E’ stato fatto un sondaggio per rilevare il livello di soddisfazione dell’applicazione degli Eder. Anche se pochissimi intervistati hanno affermato di non essere in grado di versare i contributi come causa per non aderire agli Eder, quasi in tutte queste associazioni è prevista una facilitazione per i soci che si trovano in difficoltà economiche e non sono in grado di pagare i contributi, dopo essendone stati soci da molto tempo. Questi membri sono considerati “pensionati” dall’Eder e sono ammessi a percepire tutti i benefici spettanti agli altri iscritti.
La struttura organizzativa degli Eder che hanno funzioni sanitarie non è molto diversa da quella degli Eder che forniscono altri servizi, questi Eder sono i più apprezzati dalla popolazione. È essenziale in questo settore uno stretto legame e un elevato grado di comunicazione continua con le istituzioni sanitarie che erogano servizi agli iscritti. La logica finanziaria dell’Eder non è diversa da qualsiasi sistema assicurativo. Nella maggior parte delle situazioni i membri contribuiscono con un importo fisso di denaro su base settimanale o mensile. Ogni volta che un membro ha un problema, un importo fisso (a seconda dello statuto del particolare Eder) viene tolto dalla cassa comune e assegnato a tale membro. Per i soci anziani che usufruiscono spesso dell’Eder sanitario, è previsto un aumento del contributo che è tenuto a pagare.
Gli intervistati nel sondaggio hanno espresso una maggiore propensione a vedersi aumentare gli importi delle quote riguardanti la salute, per avere maggiori benefici, come i servizi di emergenza e l’acquisto dei farmaci. Queste esigenze sono maggiormente sentite nelle zone rurali, dove esistono strutture inadeguate per i servizi di emergenza, compresi i servizi ostetrici. Un esempio calzante è quello di un Eder in uno dei villaggi inclusi nel campione degli intervistati, che ha concesso un prestito di circa 25 USD a una futura madre incinta che affrontava il travaglio in modo problematico. Il denaro è stato utilizzato per effettuare il servizio di trasporto di emergenza della futura madre in un centro sanitario situato a circa 40 chilometri dal villaggio.
La popolarità dell’Eder tra le persone di tutti i ceti sociali sta crescendo. Queste istituzioni, senza scopo di lucro, basate sulla solidarietà, l’amicizia e l’assistenza reciproca tra i membri, possono possedere sia le tecniche di esecuzione sia gli incentivi appropriati per applicarle, qualità vitali che si cercano quando si esamina il ruolo delle istituzioni indigene nello sviluppo socio-economico.